Quando si ha diritto alle agevolazioni prima casa nel comune di attività lavorativa?
La Cassazione attraverso la sentenza n.21814 ha spiegato cosa si deve fare se si vuole ottenere le agevolazioni prima casa e aderire al requisito relativo al comune in cui si svolge l’attività lavorativa.
Per poter beneficiare delle agevolazioni per l’acquisto della prima casa è necessario rispettare alcune condizioni.
Ad esempio l’immobile deve essere nel comune di residenza dell’acquirente o nel comune nel quale l’acquirente trasferirà la propria residenza entro 18 mesi dall’acquisto. Esistono poi criteri particolari che riguardano il contribuente che svolge la propria attività nel comune nel quale si trova l’immobile da acquistare, il contribuente emigrato all’estero per motivi di lavoro e il cittadino italiano iscritto all’Aire. In questi particolari casi, il contribuente non è tenuto ad avere o spostare la propria residenza nel comune in cui si trova l’immobile acquistato.
Nel caso di cui parliamo oggi, nell’atto di acquisto dell’abitazione il contribuente si era obbligato a trasferire la residenza, entro 18 mesi dall’acquisto, nel comune in cui si trovava l’immobile. Ma il trasferimento non era avvenuto e di conseguenza l’Agenzia delle Entrate aveva revocato le agevolazioni fiscali. Si è dunque aperto un contenzioso e le Commissioni tributarie che hanno accolto le ragioni del contribuente perché questa persona aveva confermato di non aver spostato la propria residenza, ma aveva dimostrato di svolgere la propria attività lavorativa nel comune di ubicazione dell’immobile.
La Cassazione ha però ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e con la sua ordinanza ha ribadito quanto espresso in precedenza con l’ordinanza n. 13850/2017: “In tema di beneficio fiscale relativo all’acquisto della prima casa, il contribuente deve invocare, a pena di decadenza, al momento della registrazione dell’atto di acquisto, alternativamente, il criterio della residenza o quello della sede effettiva di lavoro, dovendosi valutare la spettanza del beneficio, nel primo caso, in base alle risultanze delle certificazioni anagrafiche, e, nel secondo, alla stregua dell’effettiva sede di lavoro. Ne consegue che decade dall’agevolazione il contribuente che non abbia indicato, nell’atto notarile, di voler utilizzare l’abitazione in luogo di lavoro diverso dal comune di residenza“.
La Cassazione ha richiamato anche l’ordinanza n. 6501/2018, con la quale aveva stato stabilito che “il contribuente che intende avvalersi del criterio, alternativo alla residenza, e relativo allo svolgimento dell’attività, deve rilasciare espressa dichiarazione in tal senso in atto”. Questo perché “le agevolazioni sono generalmente condizionate a una dichiarazione di volontà dell’avente diritto di avvalersene e, peraltro, l’Amministrazione finanziaria deve poter verificare la sussistenza dei presupposti del beneficio provvisoriamente riconosciuto”.
Secondo quanto rimarcato dai Supremi giudici, “la dichiarazione dell’acquirente relativa allo svolgimento dell’attività lavorativa non è prevista espressamente dal legislatore, ma tale dichiarazione si rende, comunque, necessaria al fine di tutelare l’azione accertativa dell’Amministrazione finanziaria, la quale, al fine di eseguire i controlli di competenza, deve conoscere l’opzione espressa dal contribuente”. In conclusione quindi la Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e ha riconosciuto come legittima la decadenza dalle agevolazioni prima casa godute in sede di registrazione dell’atto
(fonte Idealista.it)